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Restare stregati da un’opera contemporanea
Restare stregati da un’opera contemporanea

Donald Thompson, economista inglese, stratega in marketing, insegnante alla School of Business della York University di Toronto (Canada) ha dato alle stampe il suo secondo libro (“Bolle, baraonde e avidità“ Ed.Mondadori) che ora esce anche in Italia, dopo il successo editoriale de “Lo squalo da 12 milioni di dollari”, sul famoso squalo tigre in formalina, di Damien Hirst, venduto appunto a quella cifra.

In un’intervista ha risposto così alla domanda (“Le opere di Hirst resteranno?“) del giornalista: “Riparliamone fra quarant’anni“, riferendosi ai misteri del mercato più curioso del mondo e stimando così il lasso di tempo utile, e minimo, per sancire la sopravvivenza storica ed economica di un’opera d‘arte e del suo autore.

Thompson ricorda il motivo per cui molti chiedevano del perché alcuni artisti raggiungessero il top delle vendite, in quantità e valori esorbitanti, ed altri, magari altrettanto di talento, invece no. Domanda delle domande. Con moltissimi tentativi di risposta. Non sapeva rispondere; per cui per un anno ha studiato come funzionasse la cosa interrogando gli addetti ai lavori: artisti, collezionisti e galleristi. Il suo primo libro è diventato un best seller sulle strategie di promozione delle opere d’ arte, tradotto in 15 lingue. Facendo leva sulla curiosità di capire i meccanismi che portano certe e non altre opere a valutazioni stratosferiche, è arrivato alla conclusione che i prezzi dell’arte non hanno niente a che fare con la vita vera.

Se non con la vita vera, con cosa?

Con il desiderio dell’acquirente, fondamentalmente per tre ragioni.

Una nobile: ti piace, ti alzi al mattino e guardandola ti fa felice.

Una opportunistica: per investimento, controlli le quotazioni come per gli indici di azioni in borsa.

Una edonistica: per impressionare gli amici col tuo buon gusto e il tuo potere d’acquisto. Quest’ultima è la più determinante, perché garantisce prestigio sociale. Per esempio, se appendi in casa un dipinto tuttonero e dici “l’ho pagato mezzo milione di dollari “, la gente ride; se invece dici “è un Hirst che ho comprato ad un’asta da Sotheby’s” sarai un uomo raffinato e ricco. L’artista emergente viene consacrato dallo status economico dei suoi acquirenti, dalla presenza a fiere importanti e ad aste prestigiose. Le “Bolle“ del titolo si possono trasformare in successi duraturi o scoppiare nello spazio di pochi anni. Le “baraonde” di marketing devono essere sempre a supporto dell’artista e delle sue opere; ciò è costoso! Se non hanno risultati in tempi brevi l’effetto svanisce, le opere passano ad aste minori, il nome dell’autore sparisce dalle riviste.

Thompson afferma che, guardando i cataloghi d’aste di soli 20 anni prima, il 30% degli artisti è scomparso: se un gallerista di livello, dopo un paio di mostre consecutive non ottiene gli effetti desiderati, scarica l’autore. L’avidità è rischiosa! Ci si riferisce a beni di lusso, però un dipinto del periodo rosa di Picasso è rarissimo, difficilissimo da trovare ad un’asta e il suo valore è assodato. Viceversa per uno squalo, declinato in varie edizioni-rifacimento (e chissà quante altre ancora potrebbe farne Hirst) non si sa che destino avrà fra uno o due decenni. Quando Picasso esponeva, gli ammiratori si riferivano a tecnica, soggetti, talento. Ora si commenta il prezzo, in primis. La prerogativa dell’arte contemporanea non è di essere bella, ma di veicolare messaggi, toccare i sensi e magari sconvolgerli. Comunque non è la bellezza a stimolare il desiderio di un’opera, ma ottenere profitto consolidare il proprio status. Per fortuna il Nu couché di Modigliani, nel 2015, da Christie’s a New York, fu battuto a 170,4 milioni di dollari. Autore e dipinto sono assodati! Non a caso: è bellezza assoluta, che a questo punto, non ha prezzo.

 


Paolo Tagliapietra